Dolore cronico negli anziani: come preservare la mobilità
Diverse malattie o condizioni, come ad esempio l'artrosi, possono con il tempo influenzare la mobilità. Il dolore cronico negli anziani, associato spesso a queste patologie, può rendere difficile la gestione quotidiana e le attività di tutti i giorni; per questo motivo è essenziale parlare “costantemente” con il medico curante.
Spesso infatti può essere difficile valutare il livello di dolore provato da una persona... Fortunatamente, la ricerca in questo settore è in continuo progresso per fornire la risposta più adatta a ciascun paziente.
La definizione di dolore è cambiata nel 2020
IASP – International Association for the Study of Pain, fondata nel 1973, è un'associazione professionale internazionale il cui obiettivo è migliorare la ricerca, l'istruzione, le politiche e il trattamento clinico per le persone con esperienze dolorose.
Nel 2018 l’IASP ha istituito una speciale Task Force per rispondere alla seguente domanda:
“i progressi osservati negli ultimi anni sulla conoscenza del dolore possono portare a una rivalutazione della definizione di quest'ultimo?”
Alla fine della tavola rotonda, gli esperti hanno concordato sull’importanza di riscrivere tale concetto – universalmente accettato e utilizzato dal 1979 – per poter descrivere in modo ancora più accurato e preciso l’esperienza del dolore.
La definizione è stata rivista il 16 luglio 2020, dopo 41 anni, e andava a sostituire il vecchio testo che recitava: il dolore è “un’esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta in rapporto a tale danno”.
Ridefinire il dolore per trattarlo meglio
Secondo la nuova definizione proposta dallo IASP e convalidata dal consiglio, il dolore è: "Un'esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata o simile a quella associata a danno tissutale effettivo o potenziale".
La differenza può sembrare sottile, ma apre invece a vaste possibilità per i pazienti e i loro medici. Pertanto, è stata implementata con l’aggiunta di sei note integrative, fornite dallo IASP, per completare e migliorare il suo inquadramento:
- Il dolore è sempre un’esperienza personale influenzata a vari livelli da fattori biologici, psicologici e sociali;
- Il dolore e la nocicezione sono fenomeni diversi. Il dolore non può essere dedotto solo dall’attività neurosensoriale;
- Le persone apprendono il concetto di dolore attraverso le loro esperienze di vita;
- Il racconto di un’esperienza come dolorosa dovrebbe essere rispettato;
- Sebbene il dolore di solito abbia un ruolo adattativo, può avere effetti negativi sulla funzionalità e il benessere sociale e psicologico;
- La descrizione verbale è solo uno dei numerosi modi per esprimere il dolore; l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano o un animale provi dolore.
Questa nuova definizione mette in evidenza l'importanza essenziale del modello bio-psico-sociale di un individuo e riconosce gli effetti indesiderati che il dolore può causare.
Il dolore cronico ne è un esempio ed è stato classificato come una malattia a sé stante dall'OMS dal 2019.
Perché esprimere il tuo dolore?
Qualunque sia il dolore, tutti dovrebbero poter beneficiare di una diagnosi.
Non bisogna infatti dimenticare che è necessario essere degli “attori attivi" nella gestione delle proprie cure, perché siamo gli unici in grado di indicare ciò che sentiamo. Esprimere il proprio dolore significa poter dare al medico uno metro di valutazione effettivo e veritiero per comprendere l'intensità di dolore provato, che non è uguale per tutti.
Una buona cura infatti implica una buona comunicazione tra la persona che soffre e la persona che si prende cura. E questo è alla base di ogni terapia che prevede la definizione della causa e l’attuazione del trattamento.
Adatta la tua vita quotidiana per ridurre al minimo gli effetti del dolore
Dolori alle articolazioni, alle ginocchia, alla schiena... questi disturbi possono impedire anche piccole azioni o gesti quotidiani. Per prevenire questi effetti è possibile intraprendere, solo dopo il consenso del medico, un'attività fisica dolce, che risulta particolarmente benefica soprattutto se praticata con costanza.
L'OMS - Organizzazione Mondiale della Salute ha stabilito infatti che per le persone di età superiore ai 65 anni è importante fare attività aerobica di intensità moderata (per almeno 150-300 minuti) o attività aerobica intensa per 75-150 minuti, aggiungendo a questi anche esercizi di rafforzamento muscolare, due o più volte la settimana.
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Ma oltre all'esercizio e all’attività fisica è possibile fare tanto altro per semplificare le incombenze quotidiane e migliorare la gestione della routine.
Ad esempio, è fondamentale riorganizzare gli spazi in casa, in modo da evitare rischi di cadute e allo stesso tempo per avere tutto a portata di mano. A questo proposito, il Ministero della Salute ha individuato 7 pratici consigli per vivere al meglio a casa propria dopo i 65 anni, tra cui quello di tenere liberi i corridoi, di illuminare in modo adeguato le stanze e di usare calzature anatomiche e antiscivolo.
Un altro consiglio potrebbe essere quello di utilizzare strumenti che aiutano e favoriscono la mobilità: ad esempio come il bastone da passeggio o il montascale a poltroncina da installare in casa (per unire il piano terra al piano superiore) o per superare le scale condominiale.
Sappiamo che il dolore cronico è una condizione insopportabile, ma oggi è possibile “alleggerire” questo peso con terapia e strumenti giusti.
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